Occupazione giovanile: Italia in zona retrocessione; bisogna investire in formazione

Marco AbbonizioIl mondo della Formazione

Formazione per favorire l'occupazione giovanile

L’occupazione under 25 resta un tabù in Italia, con dati ancor più gravi a seguito della pandemia: l’analisi de Il Sole 24 Ore fa luce sull’attuale situazione e sulla strada da seguire per rialzare la testa

I dati sulla disoccupazione giovanile continuano ad essere raccapriccianti per quello che riguarda l’Italia: il nostro Paese annaspa infatti nelle bassifondi della classifica europea con un terzultimo posto che fa malissimo.

Peggio dell’Italia, con il suo tasso di disoccupazione al 29,7%, solo la Spagna e la Grecia.

Il numero di giovani occupati in Italia è pari sostanzialmente alla metà rispetto alla media europea, con una percentuale che non arriva al 17% (si pensi che nei paesi industrializzati Ocse la media è superiore al 38%, una forbice ancora maggiore).

Il divario abissale dell’Italia rispetto al resto d’Europa viene confermato dal numero di Neet in costante crescita, che ci vede in cima alla graduatoria con ben 2 milioni di ragazzi che non studiano, non lavorano e non si formano, un triste primato che va affrontato a viso aperto per essere sovvertito.

Vi avevamo parlato di questi argomenti, in relazione alla dispersione di talento, in questo articolo di un paio di settimane fa dove abbiamo definito questo fenomeno “emorragia scolastica” o “emorragia culturale”; in questo caso prendiamo spunto da un’analisi de Il Sole 24 Ore che, oltre a riportare i dati imbarazzanti elencati sommariamente sopra, traccia la via maestra per uscire dalla palude.

Giovani e donne rappresentano, di fatto, le categorie maggiormente penalizzate dall’emergenza Covid, con contratti, parlando della minima percentuale occupata, più o meno flessibili che stanno subendo inevitabilmente la mannaia dell’emergenza in atto più di chiunque altro, portando alla naturale conseguenza di un ulteriore peggioramento delle percentuali già decisamente negative citate in precedenza.

Il nuovo Governo ha l’intenzione di “parlare” ai giovani, e di farlo in maniera concreta, attraverso misure volte a capovolgere questa situazione in breve tempo.

Formare le risorse in maniera efficace ed efficiente per rendere le stesse idonee ed autonome per poter rispondere alla domanda delle imprese che, paradossalmente, faticano a reperire professionisti in vari ambiti sul mercato del lavoro.

Un cambio di passo repentino è necessario.

La ricetta, indicata peraltro anche da Confindustria, per facilitare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, è tutta racchiusa nell’istruzione e nella formazione.

La contaminazione deve partire dalle scuole medie: è da lì che bisogna dare inizio all’opera di potenziamento di orientamento e di formazione 4.0, con lo sguardo rivolto soprattutto alle professioni del futuro.

Un’opera di contagio, passateci il termine, che deve coinvolgere non solo i ragazzi, ma anche i docenti, chiamati a svolgere un ruolo chiave in questa lotta.

Occorre successivamente concretizzare e rafforzare nelle scuole superiori la filiera apprendistato-alternanza attraverso dei programmi precisi e fortemente orientati al plasmare i ragazzi che si apprestano a fare il loro percorso di carriera.

Le linee programmatiche sono più o meno definite: è ora il tempo di agire tenendo sempre ben chiara la parola d’ordine che deve guidarci in questo percorso, FORMAZIONE, continua, costante e mirata.